A come Armenia. La mostra a Lipari.

A come Armenia. La mostra a Lipari.

L’esposizione, a cura di Martina Corgnati, apre la XIII edizione dell’Horcynus Festival
LIPARI – È stata inaugurata stamattina, alle Terme di San Calogero di Lipari, la mostra d’arte contemporanea “A come Armenia”, evento d’apertura della XIII edizione dell’Horcynus Festival. L’esposizione resterà aperta fino al 15 settembre, dal lunedì al sabato, dalle ore 10.00 alle 19.00.
A tagliare il nastro la curatrice Martina Corgnati (storica dell’arte, docente all’Accademia di Brera di Milano, membro del Comitato Scientifico e direttore del settore Arti Visive della Fondazione Horcynus Orca), l’assessore a Turismo, Spettacolo e Sport del Comune di Lipari Davide Starvaggi e il presidente della Fondazione Horcynus Orca Gaetano Giunta.
L’esposizione prosegue l’indagine sui linguaggi artistici del Mediterraneo avviata nel 2004 dalla Fondazione Horcynus Orca, declinando quello che è il tema portante dell’edizione 2015 del Festival: Ricordare per dimenticare. Ricordare, cercando la verità delle ferite aperte – a partire dal genocidio del popolo armeno del 1915 – perché solo dalla ricerca della verità può arrivare la pacificazione con la storia. Proprio l’Armenia, paese ospite del Festival, è al centro della mostra eoliana che celebra i cento anni dal Metz Yeghérn, il “Grande Male”, termine con il quale si indica la strage degli armeni (un milione e mezzo di morti) in Turchia.
Più nello specifico, “A come Armenia” è un viaggio attraverso le immagini fotografiche di cinque artisti, armeni e non, che in queste opere hanno scelto l’Armenia come tema o come metafora, come “segno” forte di un ambito culturale e di un paesaggio ma anche come memoria o come impossibilità di sguardo, luogo per definizione irraggiungibile.
Il percorso espositivo si apre con un omaggio a Van Leo (1921-2002), notissimo fotografo di studio, nato ad Adana ma fuggito in Egitto con i genitori, fortunosamente scampati al genocidio. I suoi sono ritratti di attori e attrici, modelle e personaggi di un Medio Oriente aperto e multietnico, che nel frattempo è stato quasi completamente spazzato via dalla storia.
Al cuore della mostra, la grande installazione di Mario Sillani Djerrahian, Walking for Ad Reinhardt, composta da 106 immagini organizzate con rigore geometrico intorno a una riproduzione fotografica di un’opera del grande artista americano. Oggetti e paesaggi non sono riconoscibili ma immersi nella nebbia entropica della sfocatura, che mette in questione il senso stesso del lavoro fotografico, così come la natura della nostalgia per il lontano, l’irrecuperabile, nel tempo e nello spazio.


Immagini ibride come potenti campi magnetici che attraggono segni verbali, invocazioni, visioni, oggetti e azioni caratterizzano la serie di sette collage digitali e il video J’ai utilisé la mémoire di Agnese Purgatorio L’insieme ricrea un’intensa dimensione poetica dove drammi e marginalità presenti si sovrappongono a tragedie passate e l’antico paesaggio in rovina della capitale armena di Ani diventa sfondo di una performance dedicata alle donne sopravvissute al genocidio.
Sharis Garabedian, che appartiene alla terza generazione dei figli della diaspora armena, sceglie pareti scrostate, edifici in rovina, porte e vecchi muri, frammenti di un vissuto collettivo e ormai anonimo, le cui superfici multicolori riportano alla mente dei quadri astratti. Le stratificazioni messe a nudo dal degrado e, forse, dalla violenza di cui il paesaggio è stato testimone, presentano un’inattesa bellezza e si configurano come palinsesti di storie e presenze irrecuperabili.
Armenie ville di Claudio Gobbi è la sintesi di più di sette anni di ricerca sulle tracce dell’architettura ecclesiastica armena in oltre 25 paesi. Evidenziando le peculiarità di questa architettura e l’essenzialità delle sue forme, rimaste inalterate per oltre 1500 anni, l’artista si sofferma sui concetti di tempo e memoria collettiva. Come nell’ Atlante Warburghiano le forme sono in se stesse portatrici di significato, segnando in questo caso un possibile confine della civiltà occidentale.
Dopo l’inaugurazione eoliana, l’Horcynus Festival 2015 prosegue dal 28 luglio al 2 agosto al Parco Horcynus Orca di Capo Peloro, Messina, dedicando ampio spazio a tutte le manifestazioni contemporanee della cultura armena, con la quale le regioni meridionali, Sicilia e Calabria in primis, hanno una lunghissima storia di intrecci e scambi.
Gli eventi saranno articolati in quattro sezioni: A come Armenia, a cura di Martina Corgnati, focus artistico sul paese ospite; Arcipelaghi della visione, a cura di Franco Jannuzzi e Paolo Benvenuti, che guarda attraverso rassegne tematiche alle cinematografie italiane ed europee; MigrAzioni tra terre e mare, a cura di Massimo Barilla, che esplora, attraverso il teatro, la letteratura contemporanea e le arti performative, il tema dell’impegno civile; Musica nomade, a cura di Giacomo Farina, che riscopre le identità musicali del Mediterraneo attraverso un viaggio trasversale tra le sonorità dei popoli.
Alle quattro sezioni si aggiungono gli eventi speciali: l’inaugurazione del MACHO (il Museo d’Arte Contemporanea Horcynus Orca), la prima edizione dell’Horcynus Summer School in conservazione e restauro dell’arte contemporanea, l’appuntamento dedicato alla presentazione del lavoro svolto dalla Fondazione Horcynus Orca con la Rete degli Archivi per non Dimenticare, il seminario sul microcredito etico, che contribuisce a definire il piano strategico della MECC, la Microbanca per l’Economia Civile e di Comunione.



Data notizia: 7/27/2015

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