Meduse, estate di incontri ravvicinati

Meduse, estate di incontri ravvicinati Il secolo XIX Le meduse stanno invadendo i nostri mari. E’ quanto sostengono scienziati e biologi marini che studiano l’anomala proliferazione di questo celenterato nei mari e negli oceani di tutto il pianeta. Negli ultimi anni i casi segnalati di enormi concentrazioni sono stati centinaia, numerosi anche nel Mar Mediterraneo. E l’immediato futuro ci riserverà probabilmente ulteriori sgradevoli sorprese. Secondo l’Icm (Istituto delle Scienze marine di Barcellona) e l’Icram (l’Istituto centrale per la ricerca applicata al mare) quest’anno le meduse della specie Pelagia noctiluca invaderanno in maniera massiccia il Mediterraneo. E probabilmente, se le previsioni si riveleranno azzeccate, le coste più a rischio saranno quelle spagnole, francesi e dell’Italia centro-settentrionale. Da inizio anno si sono già verificati numerosi casi: a febbraio in Spagna al largo della Costa Brava, ai primi di aprile nel porticciolo di Portofino in Liguria e in Grecia, a maggio nel Tirreno meridionale comprese le isole Eolie. E negli ultimi giorni le segnalazioni si moltiplicano. Chi studia il fenomeno ha già individuato alcune cause. Innanzitutto i “soliti” cambiamenti climatici (innalzamento della temperatura dell’acqua), il numero sempre più esiguo di nemici naturali - come le tartarughe di mare (Carretta caretta), tonni, pesce spada, pesce luna, sugarello, cetacei e l’inquinamento. La recente scoperta - clamorosa per certi versi e comunque in contrasto con quanto si credeva – è che le meduse si riproducono e vivono anche in ambienti inquinati, poveri di ossigeno, ma ricchi di sostanze nutritive, acque invivibili per (quasi) tutte le specie animali e vegetali, per loro invece fonte i di risorse alimentari. L’immissione in mare di prodotti chimici derivanti da attività agricole e zootecniche e dal cattivo funzionamento dei depuratori favorisce l’anomala riproduzione del fitoplancton (microrganismi vegetali) che alimenta lo zooplancton (microrganismi animali) a sua volta nutriente delle meduse. Le quali, quindi, non sono affatto simbolo di acque pulite, ma indicatore di un ecosistema marino alterato. «La proliferazione di questo celenterato è un problema ecologico internazionale - afferma il professor Josep Maria Gili dell’Icm - e come tale non può essere affrontato a livello locale». Se le meduse mediterranee non sono pericolose, diversa la situazione negli oceani e nei mari tropicali e subtropicali dove esistono alcune specie in grado di uccidere un uomo in pochi minuti. Come il genere appartenente alle “cubomeduse” (Jellyfish box), classe Cubozoi, conosciute anche come “vespe di mare”. Al vertice di un’ ipotetica classifica di pericolosità troviamo la Chironex fleckeri, la medusa più letale al mondo e responsabile di un morto ogni anno, negli ultimi 60-70 anni, solo in Australia. Il veleno ha effetti neurotossici, è dolorosissimo, e se i soccorsi non sono immediati può portare velocemente alla morte dopo intensi spasmi muscolari, paralisi respiratoria e muscolare ed arresto cardiaco. Gli habitat preferiti sono i bassi fondali tra le radici delle mangrovie alla foce dei fiumi. È un predatore che si muove velocemente ed è considerata uno degli animali più velenosi al mondo. E sempre ai Cubozoi appartiene la Carukia barnesi, piccolissima medusa che provoca la Sindrome di Irukandji, denominazione che prende origine dal nome di una tribù aborigena australiana i cui membri sono stati vittime di misteriose convulsioni provocate dal veleno della non ancora identificata Carukia. Dimensioni ridotte (non più di 2-2,5 centimetri di diametro), ma veleno altamente tossico che provoca prurito iniziale, fremito diffuso e crampi dopo qualche decina di minuti, e successivamente dolori generalizzati alla testa, nausea, vomito, palpitazioni, arrossamento, sudorazione, tachicardia, aumento della pressione arteriosa, complicazioni cardiache e polmonari, e in certi casi anche la morte. Come è accaduto a due turisti nel 2002 deceduti dopo essere venuti a contatto con queste invisibili creature. Vive prevalentemente nelle acque più profonde della barriera corallina australiana, ma è presente anche nell’area compresa tra il Tropico del Cancro e il Tropico del Capricorno (Hawaii, Florida, Indie Francesi occidentali, Caraibi, Timor Est, Papua Nuova Guinea, Indonesia, Fiji). Meno pericolose ma molto “ingombranti” le meduse giganti comparse nel 2005 nelle acque Giapponesi tra l’arcipelago e la Corea, che hanno messo in ginocchio l’industria ittica giapponese. “Echizen kurage” il termine scientifico, ma note come Nomura, possono raggiungere il peso di due quintali, e con la loro mole e quantità hanno riempito le reti dei pescatori giapponesi sostituendosi ad ogni altra forma di preda. Inutilizzabili, a causa del veleno, i pochi pesci rimasti nelle reti. Il “problema-meduse” è solo una delle tante anomalie che investono la Terra. I segnali di squilibri ambientali sembrano evidenti. Che stiamo vivendo un periodo di grandi cambiamenti e mutazioni climatiche anche. Se questo rientra nella normale evoluzione del pianeta è materia di approfondimento per gli scienziati. Ma c’è qualcosa di poco rassicurante: tutto questo sta avvenendo velocemente. Forse troppo.

, a cura di Peppe Paino

Data notizia: 6/11/2008

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