La controversia Liparitana fu una vera e propria diatriba tra il Regno di Sicilia e la Santa Sede. Il motivo della disputa fu molto banale, ma ciò nonostante ebbe un eco ed una risonanza fuori dal comune. Nel 1711 nella piazzetta di Marina Corta di Lipari due esattori delle tasse appartenenti al Regno di Sicilia stavano riscuotendo i proventi che derivavano dalla vendita della merce. Fra questa, vi era anche un sacco di ceci proveniente dalla mensa vescovile e che secondo la curia doveva essere esente da ogni tassa o balzello . Gli esattori sequestrarono ugualmente la merce, così il Vescovo che riteneva lesi i suoi diritti impose la scomunica ammonendo di fatto il Regno di Sicilia. Fu questo uno dei nodi della questione su cui si crearono due schieramenti con posizioni contrapposte. Da un lato i sostenitori del potere regale, i quali sostenevano di avere piena giurisdizione anche in merito a beni e faccende inerenti la curia. Tale diritto si basava sulla “Legazia Apostolica”, legge antichissima che permetteva di estendere i poteri del Regno anche su faccende ecclesiastiche. Dall’altro la Chiesa che non riconosceva tale diritto e che tacciò questa scelta come una vera e propria minaccia.
La questione proseguì per molti anni e nonostante cambiarono le dinastie, la legge fu abrogata solo nel 1871 con la “Legge delle Guarentigie” che regolò i rapporti tra lo Stato italiano e la Santa Sede. È sorprendente scoprire come lo scontro tra società laica e chiesa, oggi di grande attualità, abbia posto le radici nell’isola di Lipari. Le isole Eolie furono quindi antesignane di un dibattito che ancor oggi è oggetto di discussione, dove la religione sembra essere determinante nelle scelte di una società laica.
Di Adriano Nicosia
Data notizia: 11/27/2014
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