Saramago non può replicare

Riceviamo da Pietro Lo Cascio e pubblichiamo: Ieri, all’età di 87 anni, ci ha lasciato Josè Saramago, premio Nobel per la letteratura. Probabilmente in questo nostro strano paese non saranno state numerose le persone che colto questa notizia, un po’ perché si tratta di un autore non eccessivamente conosciuto in Italia, un po’ perché noi che siamo rimasti siamo intenti a tirare avanti ogni giorno tra sempre maggiori difficoltà. Mi ha però colpito l’attenzione riservata a questo triste evento dal Vaticano, per voce suo organo di stampa. “Sterilità logica e teologica”, “faziosità”, sono alcuni tra i commenti più gentili rivolti a uno scrittore reo – sua grave colpa – di essere “inchiodato in una sua pervicace fiducia nel materialismo storico, alias marxismo”. In un paese libero, anche il giornalista dell’Osservatore Romano ha il diritto di esprimere le considerazioni che vuole; tuttavia, la violenza verbale con la quale il Vaticano ha voluto suggellare la dipartita di un suo nemico storico, dimenticando che egli – da morto – non ha diritto di replica, suscita una certa impressione. Non sono un esperto di sfumature teologiche, ma nel furore dell’autore dell’articolo non è difficile indovinare il teorema dell’occhio per occhio, piuttosto che quello – più moderno – del porgere l’altra guancia, o del rispetto verso chi non c’è più e non può difendersi. Accusare Saramago di avere criticato soltanto le nefandezze dell’inquisizione e delle crociate, omettendo di fare altrettanto verso altre forme di persecuzione e genocidio che hanno segnato l’ultimo millennio, sarebbe come dire che Veronesi è intento a debellare il cancro, dunque è un medico fazioso, perché si dovrebbe occupare con pari dedizione di tutte le altre malattie. Eppure Saramago ha pagato un prezzo per la sua coerenza, per quello che viene definito un attaccamento “pervicace” alla sua profonda, e lecita, avversione metafisica; vittima di un governo bigotto che rifiutava di presentare le sue opere al premio letterario europeo, ha dovuto espatriare per esercitare appieno la propria libertà di scrittura e di pensiero. Diversamente, un quotidiano come l’Osservatore Romano non deve faticare per garantirsi libertà di espressione; basta ignorare o glissare goffamente fatti che, in questi giorni, ne inchiodano l’editore di riferimento a squallide contraddizioni: affaristi truffaldi dediti al malaffare omaggiati con le più alte onorificenze vaticane, preti pedofili coperti e sottratti al giudizio, o tiepidamente sconfessati solo quando il loro caso crea eccessivo imbarazzo. Molto meglio dare addosso a Saramago, morto ieri in un esilio volontario ma necessario per la sua dignità di pensatore. Consola il fatto che un intellettuale del suo spessore non abbia bisogno di difese d’ufficio o di repliche; con rammarico del Vaticano, restano i suoi scritti. Pietro Lo Cascio

, a cura di Peppe Paino

Data notizia: 6/19/2010

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