Riceviamo da Luca Chiofalo e pubblichiamo:
All' alba di una stagione estiva che si presenta con più ombre che luci, aggrava il clima di sfiducia che serpeggia tra gli operatori commerciali della piazza Ugo Sant'Onofrio il problema insoluto della riqualificazione della zona, mai realmente avviato.
Pur rischiando di essere giudicato "Cicero pro domo sua", vorrei affrontare, conoscendone bene la storia, l'annosa e tragicomica questione "MARINA CORTA".
La storia di questa incantevole piazza si perde nella notte dei tempi; è certo che ha sempre rappresentato il cuore pulsante della vita liparota, seconda pittoresca casa per diverse generazioni.
Imponente ed accogliente allo stesso tempo, non ha nulla da invidiare a ben più celebri piazze isolane (vedi Capri) ed è sempre stata indissolubilmente legata al carattere più genuino e popolare delle genti eoliane. Luogo di lavoro per decine di famiglie, che intorno a MARINA CORTA hanno consumato la propria esistenza ed investito sul futuro dei propri figli, affronta oggi una profonda crisi d'identità e d'attrattiva, causata dallo scellerato (a posteriori) disegno di trasferire altrove lo scalo per gli aliscafi senza prevedere alternative di sostegno all'economia commerciale della zona, a quel tempo la più florida del paese .
Quando fu proposto, confesso di aver considerato (ingenuamente) lo spostamento come l'opportunità di fare finalmente della piazza il nostro salotto buono, liberandola dai mezzi a motore e aprendo, sul modello di Portofino, al turismo diportistico di qualità. Mai previsione si rivelò più sbagliata! A distanza di più di un lustro tutto è fermo all'anno zero, anzi inesorabilmente si assiste al progressivo degrado della condizione della piazza e delle prospettive economiche della zona.
Parcheggio per otto mesi l'anno e campo di calcetto per ragazzi nei restanti quattro, MARINA CORTA annaspa nell'indifferenza colpevole anche di chi ci vive e lavora. Nessun intervento sull'arredo urbano, scarsa promozione (molti turisti neanche la visitano) e l'assoluta mancanza di un progetto organico di riqualificazione sono il mix micidiale che rende incerto, se non drammatico, il futuro di un centinaio di attività commerciali, nella maggior parte dei casi esistenti da decenni.
Anche in questa, come in molte altre vicende eoliane, si sono manifestati tutti i "vizi" della politica locale: approssimazione, fedeltà alla logica clientelare e scarsa lungimiranza.
Nei fatti, dopo la vittoria alle amministrative del 2001, il sindaco Bruno e i suoi sodali ("curioso" scorrerne i nomi) decisero che la fetta più grossa del flusso turistico eoliano dovesse lasciare MARINA CORTA ed essere trasferita verso zone sulle quali la loro influenza poteva essere maggiore, anche in previsione dei grossi "affari" in ambito portuale di cui oggi si discute. Di lì a poco, con grandi forzature, l'intenzione si concretizzò.
Pur riconoscendo la necessità obiettiva di riorganizzare logisticamente gli spostamenti via mare da e per Lipari e quindi la concentrazione dei mezzi commerciali in un unico scalo, non convince comunque il metodo nè la sostanza degli interventi effettuati:
Sottomonastero appare il set di un film dell'orrore, con inferriate, sostegni e sopraelevate (pagate a caro prezzo) che spuntano dappertutto, in spregio alla sicurezza e al buonsenso; MARINA CORTA, come detto, langue invece ai margini dell'interesse dei nostri serafici amministratori, dando corpo alla spiacevole sensazione che l'operazione non sia stata realizzata nell'interesse collettivo.
Definisco serafici i nostri amministratori perchè invece di affrontare alacremente e in maniera incisiva i problemi di cui sopra, hanno, con la "calma dei forti", permesso, in maniera irresponsabile, che si scatenasse una guerra tra categorie di lavoro e quartieri in nome della portualità contesa; pescatori contro commercianti, commercianti contro tassisti, persino "quelli di MARINA CORTA" contro "quelli di "Sottomonastero", in un delirio crescente privo di motivazioni logiche e materiali. Forse le intenzioni erano buone, ma i risultati sono questi: una maggiore precarietà degli attracchi, una piazza che il mondo ci invidia resa, incredibilmente, zona periferica e l'acuirsi della tensione tra operatori commerciali.
Voglio, in ultimo, ricordare che i porti, come le piazze e i servizi, sono patrimonio di tutti e ciascuno deve sentire l'obbligo morale di chiederne la cura e il migliore funzionamento possibile a chi di dovere. Quando ciò non avviene si è perso evidentemente l'orizzonte verso il quale guardare, che deve essere un progetto di sviluppo omogeneo e condiviso.
Perchè perseverando in questa guerra dei poveri rischiamo davvero di farci male...
CORDIALMENTE
LUCA CHIOFALO
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a cura di Peppe Paino
Data notizia: 4/1/2012
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