Ad Alicudi è presente un fortino naturale: il Timpone delle Femmine. Questo è la prova del fatto che, anche qua, gli abitanti sono stati vittime di numerose incursioni barbariche; in questo fortino gli isolani rinchiudevano le donne e i bambini per difenderli dagli attacchi dei predoni e dei corsari. Il resto della popolazione trovava riparo, invece, in delle piccole case costruite sui terrazzi a mezza costa, affacciati sul versante orientale. Altri terrazzamenti sono osservabili ancora oggi sul versante del vulcano e sono quelli che, per decenni, hanno permesso agli abitanti dell’Isola di vivere, grazie alle attività agricole. L’isolamento di Alicudi, ed il suo così basso numero di abitanti, l’hanno sempre resa una delle prede preferite dai banditi e dai pirati che navigavano nel Mar Tirreno; essi hanno seminato distruzione, morte e paura ed hanno deportato gli abitanti per venderli, poi, come schiavi. Questi frequenti saccheggi hanno determinato la morfologia del centro abitato che sorge, infatti, a 350 m di altezza in corrispondenza della contrada di San Bartolo. La posizione dell’Isola, tuttavia, ha fatto sì che essa diventasse uno degli scali più importanti per il commercio ed i collegamenti con Palermo e con il resto della Sicilia Occidentale. Nel dopoguerra, Alicudi è stata abitata da più di 600 persone ma, come nel caso delle altre isole, la maggior parte di esse è poi emigrata in Australia; attualmente, conta un centinaio di residenti. Studi dimostrano che il periodo di maggior ripopolamento si sia avuto nel 1600 circa, quando l’Isola contava un numero di abitanti di gran lunga più alto rispetto a quello attuale. Ma la grande depressione del Novecento, con le sue emigrazioni e con l’attacco di un fungo che ha contaminato le coltivazioni di cereali, ha fatto subire un calo demografico netto.
di Francesca Zampaglione
Data notizia: 1/14/2016
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