Croce Rossa, il no profit può diventare proficuo?

Croce Rossa, il no profit può diventare proficuo? Premesso che "l'associazione della Croce rossa italiana, ente di diritto pubblico non economico con prerogative di carattere internazionale, ha per scopo l'assistenza sanitaria e sociale sia in tempo di pace che in tempo di conflitto. Ente di alto rilievo, è posta sotto l'alto patronato del Presidente della Repubblica, sottoposta alla vigilanza dello Stato e sotto il controllo del Ministero del lavoro, salute e politiche sociali, del Ministero dell'economia e della difesa per quanto di competenza, pur mantenendo forte la sua natura di organizzazione di volontariato". Questo è quanto riportato sul sito ufficiale dell'associazione; come stabilisce il proprio statuto, pertanto, la Croce rossa italiana (CRI) non possiede i requisiti propri delle società che perseguono fini di lucro, né le attività che queste ultime svolgono sono coerenti con i principi statutari della CRI. Infatti, la CRI annovera tra i suoi principi fondamentali quello della "volontarietà" riconoscendosi quale istituzione di soccorso, disinteressata e basata appunto sul principio volontaristico; tuttavia, la gestione commissariale dal 2003 al 2005 ha avviato un processo di sostanziale privatizzazione della CRI attraverso la costituzione - come è avvenuto ad esempio in Sicilia - di una società di capitale denominata Siciliana servizi socio-assistenziali srl (SISSA), i cui proprietari sono la Siciliana servizi emergenza SpA (SISE) e il Consorzio per la formazione e la ricerca in materia di servizi sociali. La scelta di aver costituito tali società, i cui scopi sono sovrapponibili a quelli della CRI, prefigura lo svuotamento del ruolo della CRI in quanto ente di diritto pubblico caratterizzato statutariamente, tra l'altro, dal principio del disinteresse e della volontarietà, in quanto le suddette società, nel perseguimento delle proprie finalità, assorbono le risorse pubbliche destinate alla CRI, come nel caso del servizio di 118, che in Sicilia viene svolto dalla SISE, che incamera i finanziamenti stabiliti nell'appalto tra Regione Siciliana e CRI; nella SISE il numero delle assunzioni, non si escludono quelle clientelari, è andato sempre più aumentando. Infatti, a quanto risulta all'interrogante nella requisitoria del Procuratore generale d'appello, udienza del 30 giugno 2009 si legge: "(...) Se si divide l'ammontare della spesa sanitaria per il numero dei residenti in Sicilia, si assiste ad una parabola ascendente (...) Trattasi di un costo assolutamente spropositato, ove si consideri che in Sicilia la speranza di vita è tra le più basse d'Italia (...) In dettaglio dette spese sono servite per retribuire, innanzitutto, il personale sanitario che al 31 dicembre 2008 contava 50.041 dipendenti, ivi compreso il personale del comparto universitario, ammontante a 2.910 unità (...) Al predetto personale va aggiunto il personale del servizio sanitario terrestre di emergenza, il cosiddetto "118" (...) Sempre secondo la predetta convenzione, il numero di unità di personale addetto a ciascuna ambulanza doveva essere di 10, aumentato poi a 12: a fine 2008 gli autisti/soccorritori del "118" ammontavano a 3.038, con un incremento di 29 unità rispetto al numero di 3.009 raggiunto nel 2007. Non solo risulta un aumento del numero degli autisti /soccorritori, ma altresì, in un rapporto non proporzionale, della spesa per la relativa retribuzione che era di 68 milioni di euro nel 2006, è diventata 78 milioni di euro nel 2007 ed è arrivata a 82.323.000 euro nel 2008 (...) né vanno dimenticati i costi per le spese generali per il funzionamento della società SISE, dal momento che la CRI che ha la convenzione con la Regione, non riuscendo a svolgere la gestione del servizio in proprio, lo ha affidato in house a detta società"; nell'audizione del 20 febbraio 2007 presso la Commissione parlamentare d'inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale del Senato della Repubblica, il Presidente nazionale della Croce rossa italiana, dottor Massimo Barra, ha dichiarato: «La Croce rossa italiana riceve un contributo da parte dello Stato, che poi moltiplica attraverso le sue attività e le oblazioni dei cittadini. Il Comitato Centrale riceve contributi statali per circa 161 milioni di euro all'anno». «Attualmente, a fronte di una pianta organica che prevede circa 3 mila dipendenti, garantiamo la copertura solo del 50 per cento, in seguito a dismissioni e blocchi. Per arrivare a 5 mila 700 unità, intratteniamo rapporti precari di varia natura con più di 4 mila persone legate a noi da convenzioni, per attività di emergenze, che sperano di essere stabilizzate». Sempre nella medesima audizione il Presidente, ad una domanda riguardo l'utilizzo di società strumentali finalizzate a svolgere determinate attività, il cui utile viene riversato nelle casse della CRI, rispose affermando: "Da un punto di vista ideale, istituzionale e internazionale ci sono molti esempi di società nazionali di Croce Rossa che utilizzano strumenti di questo tipo: ce ne sono alcune che investono in banca, altre che gestiscono degli alberghi, altre che imbottigliano acqua minerale; addirittura la croce Rossa norvegese aveva in gestione le slot machine. Come si suol dire: pecunia non olet"; sarebbe opportuno ad avviso dell'interrogante, invece, che l'associazione Croce rossa italiana che in base alla normativa vigente circa l'iscrizione e la cancellazione delle associazioni a carattere nazionale nel Registro nazionale delle associazioni di promozione sociale (decreto ministeriale 14 novembre 2001 n. 471 e la legge 7 dicembre 2000 n. 383) non possiede i requisiti propri delle società che perseguono fini di lucro, recuperi la sua originaria natura volontaristica nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati e mantenga, così, l'iscrizione nel registro delle Onlus, si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo, alla luce delle di quanto sopra riportato, non ritenga inopportuno che l'associazione della Croce rossa italiana continui a mantenere la propria iscrizione nel registro delle Onlus usufruendo, impropriamente, delle agevolazioni fiscali previste per le associazioni non profit.

, a cura di Peppe Paino

Data notizia: 12/15/2009

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