D'Aquino chiede la rimozione di Buzzanca

D'Aquino chiede la rimozione di Buzzanca Gazzetta del Sud Francesco Celi «Rimuovete Buzzanca». L'ex deputato e assessore regionale forzista Antonio D'Aquino, ora trasmigrato all'Mpa, primo dei non eletti alle consultazioni dell'aprile 2008, sesto per preferenze ottenute, ossia 9.732 voti a fronte dei 18.469 consensi personali di Buzzanca (secondo dei cinque eletti nella lista Pdl), ha formalmente chiesto ieri, attraverso l'avv. Antonio Catalioto, alla Commissione Verifica poteri dell'Ars, di «riconoscere all'unanimità la sussistenza dell'incompatibilità» tra le cariche di sindaco e deputato, e, di «conseguenza, sottoporla all'approvazione dell'aula». Ciò alla luce – come puntualizza l'avv. Catalioto nel suo ricorso – della sentenza n. 143 del 23 aprile scorso della Consulta. Che ha dichiarato incostituzionale la legge regionale 29/51 così come modificata dalla legge 22/07, nella parte in cui non è stata inclusa, tra le cariche incompatibili con le funzioni di deputato regionale, anche quella di sindaco e assessore di comune con popolazione superiore a ventimila abitanti. Sentenza in virtù della quale hanno preferito dimettersi dagli incarichi di Giunta a Palazzo Zanca, senza cioé attendere i tre gradi di giudizio civile e l'opzione tra i due incarichi, offerta dalla legge regionale 8 del 10 luglio 2009, gli on. Giovanni Ardizzone e Fortunato Romano. Contro la legge 8 del 2009, tra l'altro, l'avv. Catalioto ha fatto sapere che la prossima settimana solleverà ulteriore questione di legittimità costituzionale. Il sindaco Buzzanca, investito da mandato popolare al Comune di Messina come a Sala d'Ercole, ha a più ripreso affermato negli ultimi giorni che non lascerà nessuno dei due incarichi, perché s'è candidato «legittimamente, prevedendolo la legge». E dunque andrà «fino in fondo», ovvero fino a conclusione del giudizio civile. La qualcosa ha spinto l'on. D'Aquino, attraverso il suo legale, a rivolgersi intanto alla Commissione Verifica poteri dell'Ars, «perché voglia», facendo leva sull'«ex articolo 55, secondo comma, del Regolamento Ars, procedere, entro 30 giorni, al riconoscimento all'unanimità della sussistenza dell'incompatibilità in questione a carico dell'on. Buzzanca e, conseguentemente, sottoporla all'attenzione dell'Assemblea. In via subordinata, procedere alla sua contestazione fissando, all'uopo, la discussione in seduta pubblica». Non siamo di fronte a una questione che può essere liquidata con una scrollata di spalle, per i profili giuridici e, ancor più se vogliamo, per quelli ipoteticamente contabili. L'avv. Catalioto – che, giusto ricordarlo, è stato assessore dell'Amministrazione Genovese di centrosinistra – non ha dubbi nell'affermare «che l'applicazione immediata» della recente sentenza della Consulta, «non fa residuare o ipotizzare alcun margine di discrezionalità, dovendo gli organi competenti, Commissione Verifica poteri e Assemblea, procedere all'approvazione di un atto dovuto... Né si può obiettare che in virtù del 4. comma dell'articolo 61 del regolamento regionale, la Commissione potrebbe definire il procedimento entro un anno, perché in tal modo si consentirebbe il procrastinare di una situazione di illegalità non rimovibile nel breve neppure con il rimedio giurisdizionale, stante l'espediente normativo introdotto dalla legge 8 del 2009», cosiddetta "leggina salva-deputati", «che consente, ove l'incompatibilità sia accertata in sede giudiziale, il termine di dieci giorni per esercitare il diritto di opzione a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza». Va da sé che abbiamo sintetizzato estremamente quanto fissato nel ricorso all'Ars dall'avv. Catalioto, ma avremo modo di ritornarci; c'è però un altro aspetto, estremamente delicato, che non possiamo non trattare oggi: quello contabile. «Il procrastinare del cumulo dell'incarico», si sottolinea, «può determinare un indubbio danno erariale giacché si consentirebbe tra l'altro, a tutti gli interessati, di maturare i requisiti necessari per conseguire benefici economici allo stato, eventualmente, ancora non dovuti: assegni vitalizi e indennità a favore dei deputati che maturano i requisiti pensionistici». Insomma, non è una questione che i 10 parlamentari della Commissione verifica poteri (vedi scheda) possono affrontare a cuor leggero.

, a cura di Peppe Paino

Data notizia: 4/30/2010

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