L’ECONOMIA: UNA SCIENZA O UNA TASCA?

L’ECONOMIA: UNA SCIENZA O UNA TASCA? L’ECONOMIA: UNA SCIENZA O UNA TASCA? La recente manovra finanziaria di 25 miliardi (50 mila miliardi del vecchio conio) ha rimesso in moto il vecchio tema dell’economia, scienza imperscrutabile e buona per tutte le bocche, gli spiriti, le tasche. Che cosa voglio dire? Intanto, due cose: primo, che l’imperscrutabilità organica dell’economia ne allontana la definizione di scienza. Una scienza non può essere imperscrutabile, una scienza deve avere (almeno alcuni) principi inattaccabili. Secondo: anche se disponessimo di strumenti più sofisticati per la misura dei parametri dell’economia il loro utilizzo ci sarebbe negletto, impedito. Perché? Perché il mistero di questa “scienza” (tra virgolette) è tenuto in vita dalla parte più larga dei suoi controllori che sono, nell’ordine: società multinazionali, speculatori di varie taglie, operatori privati misteriosi (conti in Liechtenstein e alle Bermude), enti economico-finanziari internazionali (banca mondiale, OCSE), società di rating (controllate da alcuni dei protagonisti di cui sopra) ed infine governi. Il pubblico, cioè tutti noi, non esiste: è fuori classifica. Subisce. Dopo due crisi mondiali (non solo quella dei bond e dei titoli spazzatura, c’è anche quella del riflusso dell’economia) la definizione dello storico inglese Thomas Carlyle che a metà dell’ottocento definì l’economia “la triste scienza” a causa dell’impossibilità di risolvere – sul piano metodologico – la questione dello sfruttamento negro, è sempre più calzante e condivisibile. Potremmo estendere la definizione: triste e misteriosa. Tornando alla manovra, sulla sua correttezza numerica (nel senso che occorreva ridurre il debito pubblico di cotanta somma) tutti d’accordo. Sulle scelte fatte da Tremonti e Berlusconi le strade sono numerosissime: opinioni a gogò. Un esempio: la cifra più rilevante recuperata viene dalle paghe e dalle liquidazioni dei dipendenti pubblici, una marea di cittadini. Questo semplice fatto cosa comporterà? Una diminuzione drastica della domanda. La diminuzione della domanda porterà con sé un’inevitabile riduzione della crescita economica prevista, che già era segnalata più vicina allo 0,5 che all’1% (nel 2010, 2011). Ciò comporterà probabilmente una riduzione dei posti di lavoro. Come rispondono il governo e gli economisti ad esso vicini a queste obiezioni? Non rispondono. C’è una terza riflessione che distrugge l’economia come scienza. La scienza deve avere una base di astrazione in sé. L’economia non ne ha più nemmeno un grammo (le famose curve della domanda e dell’offerta che si incontrano in un punto chiamato prezzo sono età della pietra). L’economia è il corrispettivo “nobile” della logica della tasca. La propria. Che c’azzecca (direbbe Di Pietro) una tasca con una scienza?

, a cura di Pino Dato

Data notizia: 6/5/2010

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