Il contributo di Famularo alla storia delle Eolie

segue 3. I giorni della guerra a Stromboli Della Stromboli in guerra Fabio ne parla in una decine di pagine del suo primo libro e poi riprende il tema sviluppandolo nel volumetto “I giorni della guerra. Quando i tedeschi sbarcarono a Stromboli”. Dico subito che si tratta di un prezioso contributo. Prima di questi due libri, ed in particolare dell’ultimo, sembrava che la le Eolie avessero guardato la guerra da lontano se non fosse strato per l’affondamento del piroscafo Santamarina il 9 maggio del 1943 nel quale perirono 61 persone e non ci fu famiglia che non fosse toccata dalla tragedia ed il siluramento nel 1942 dell’incrociatore Bolzano della Marina nelle acque di Panarea. Anzi la guerra a Lipari e alle Eolie è stata soprattutto l’affondamento del Santamarina le cui ragioni e motivazioni sono ancora avvolte nel mistero. Nel maggio del 2002 Antonio Brundu , sul periodico “Stretto indispensabile”, ha sostenuto che l’affondamento potesse essere connesso con l’ammaraggio di fortuna di un idrovolante da guerra tedesco, proveniente dall’Africa, colpito da aerei alleati nel laghetto di Lingua (Salina) avvenuto proprio qualche giorno prima. I tedeschi che pare fossero in possesso di importanti documenti dovevano imbarcarsi sul Santamarina proprio il 9 maggio ma all’ultimo minuto ci fu un cambio di programma. Questa novità non venne colta dal controspionaggio inglese e così il sommergibile Unrivalled silurano ugualmente l’innocente piroscafo eoliano carico di inermi passeggeri. Fabio Famularo ci fa vedere invece che a Stromboli – proprio per la particolare collocazione strategica dell’isola - la guerra fu palpabile e consistette nella presenza di numerosi militari italiani ma soprattutto una guarnigione di soldati tedeschi che si comportarono, non come alleati, ma come un vero e proprio esercito di occupazione. “Essi giunsero, scrive Fabio, improvvisamente in una mattina di calma piatta, provenienti dalla Calabria a bordo di un grande zatterone nero a due scafi, simile ad un moderno catamarano… Il loro zatterone era attrezzato come un vero e proprio mezzo da sbarco e arrivò direttamente sulla spiaggia senza gettare le ancore. Sembrò un abbordaggio come quello dei racconti dei pirati… I tedeschi si annunciarono con una lunga raffica di mitra che c’impedì di scappare. Un giovane ufficiale ci richiamò sotto bordo e con modi prepotenti ci ordinò di aiutarli a sbarcare le loro cose…”. Prepotenza ed arroganza sono il loro modo di presentarsi che vengono in qualche modo contrastati dal coraggio di un maresciallo dei carabinieri sopraggiunto di corsa richiamato dalle raffiche di mitra. Ma al di là di questa presentazione i tedeschi fanno una vita piuttosto ritirata, chiusi praticamente tutto il giorno nelle loro postazioni e nei loro rifugi dove, a sera bevevano fino ad ubriacarsi. I rapporti con i locali erano scarsi e si limitavano alla ricerca di vino proponendolo di scambiaro con cibo in scatolette. Scambi e relazioni che erano fortemente proibiti dal loro comando. Ma oltre alla presenza dei militari la militarizzazione dell’isola riduce la libertà e le possibilità di lavoro degli abitanti. Obbligo dell’oscuramento, obbligo di rientrare in casa la sera perché vi era il coprifuoco, obbligo di non andare a pescare, mancanza di collegamenti con Lipari e la Sicilia, prima forte riduzione dei rifornimenti e poi la fame quella vera. Poi gli scontri navali nell’area di mare al largo dell’isola, le incursioni aeree sul mare, il mare pieno di rottami e di centinaia di cadaveri di soldati italiani, tedeschi, americani, inglesi, bianchi e di colore. Ed inoltre le azioni di coraggio per procurarsi il cibo per sopravvivere, l’elusione dei controlli per andare a pescare malgrado i divieti, l’escursione a Palermo per raccogliere vettovaglie e quindi la grande solidarietà fra la gente che , pur nella miseria, si aiutava e sosteneva a vicenda, le partenze per la guerra e la gioia dei rientri a casa, la tracotanza dei fascisti che per gli isolani erano il vero nemico più dei tedeschi.. Infine la fuga dei tedeschi e l’arrivo degli americani. “ Il primo segno che qualcosa stesse veramente cambiando – scrive Fabio -si ebbe un mattino, quando alle prime luci dell’alba fummo svegliati da un forte odore acre di bruciato proveniente da diversi punti dell’isola e vedemmo i tedeschi riunirsi velocemente sulla spiaggia di Ficogrande. In tutta fretta misero in mare i grossi zatteroni con cui erano arrivati e dopo essersi imbarcati, sparirono all’orizzonte verso la Calabria, abbandonando l’isola dopo mesi e mesi di occupazione. Prima della partenza si erano premurati di mettere a ferro e fuoco ciò che avevano realizzato in tutto quel tempo e delle loro strutture non era rimasto più nulla”. Partiti i tedeschi arrivano gli americani e l’approccio è del tutto diverso : “…Un mattino sulla linea dell’orizzonte si affacciarono due navi che piano piano facevano rotta verso di noi, fino a quando gettarono l’ancora davanti alla spiaggia di Ficogrande. Tutti gli abitanti, compreso me, non sapendo chi fossero scapparono velocemente su per la montagna cercando di sfuggire ai nuovi invasori. Le due navi battenti bandiera americana, si fermarono ad osservare i nostri movimenti da lontano senza accennare a un imminente sbarco. Questo ci tranquillizzò un po’ ma ben presto capimmo che qualunque fossero state le loro intenzioni, non gli saremmo mai potuti sfuggire: l’isola era troppo piccola e ci avrebbero comunque trovato. Così mi feci coraggio e con due miei amici decidemmo di andargli incontro. Ci recammo sulla spiaggia del Prete, dove prendemmo in prestito un gozzo… Una volta arrivati sottobordo, tutti i soldati si affacciarono dalle mura di dritta puntandoci addosso i fucili e subito una voce c’invitò ad avvicinarci lentamente, quindi ci lanciarono una cima senza però farci salire a bordo. Uno dei militari, che parlava con un forte accento palermitano, dall’alto cominciò ad interrogarmi. Mi disse di stare tranquillo, che loro erano soldati americani venuti in pace e che stavano perlustrando tutte le isole in cerca di soldati tedeschi e di fascisti. Rimasi sorpreso del fatto che l’ufficiale della nave parlasse in siciliano e lui, vedendomi perplesso, mi disse, che era figlio di emigranti di Palermo e che da sempre parlava il nostro dialetto”. La guerra e i patimenti della guerra erano veramente finiti. Cominciano quelli del dopoguerra e riprende la strada dell’emigrazione. Ma questo è un altro racconto. Un’ultima considerazione. Fabio è uno scrittore nato. Ha lo stile fluido di chi racconta la vita di tutti i giorni non aliena dall’uso di immagini colorite ed anche poetiche. Si capisce subito che la sua vocazione è il romanzo o il racconto con un’attenzione ai dialoghi che ravvivano e sveltiscono il testo. Queste sue doti li manifesta soprattutto ne “Il richiamo silenzioso del vulcano”. Ci auguriamo di poterlo leggere presto. Michele Giacomantonio

, a cura di Peppe Paino

Data notizia: 7/21/2011

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