Oscar Wilde, nel 1895, in seguito a una causa per diffamazione da lui intentata al duca di Queensberry, viene a sua volta accusato di comportamento contrario alla morale pubblica e condannato a due anni di carcere, che sconta nella prigione di Reading.
Questa terribile esperienza, da cui non si riprende mai (muore pochi anni dopo), è all’origine della Ballata del carcere di Reading, una delle sue opere più sincere.
La Ballata appare a Londra nel febbraio del 1898. Come pseudonimo Wilde sceglie la sigla C.3.3., il suo numero di matricola da carcerato.
La ballata è un lamento poetico, che narra la storia dell’impiccagione di un giovane detenuto colpevole di omicidio e delle reazioni dei suoi compagni di pena. Nel testo si susseguono due parti: quella che descrive la convivenza con un condannato a morte ed evoca il rituale assurdo e feroce dell’esecuzione, e quella che contiene la meditazione religiosa sui mali del mondo e sulla redenzione, la presenza di Cristo accanto a tutti coloro che, pur colpevoli, sono passati dalla parte delle vittime nel momento in cui sono stati rinchiusi in una prigione.
Il testo evoca entità metafisiche, i fantasmi che perseguitano i prigionieri la notte. L’esecuzione dell’indomani, il senso della tentazione: tutto si fonde a suscitare il rimpianto, a impedire il sonno.
Umberto Orsini e Giovanna Marini danno voce ai versi di uno dei grandi della letteratura, raccontando, con il ritmo di una ballata popolare, il dolore, il desiderio di amore e di bellezza, gli orrori della repressione.
I grandi Marini e Orsini, diretti da Elio De Capitani, insieme per Wilde fino al 18 maggio all’Eliseo.
, a cura di Daniela Bruzzone
Data notizia: 5/12/2008
dalla nostra Daniela Bruzzone
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