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Buono o cattivo, bello o brutto, purché se ne parli e resti nel web una traccia: un imperativo sia per le aziende (alberghi, operatori) sia per i territori. E questo nuovo approccio al mercato ha una parola d’ordine: reputation. Al Forum di Federturismo, organizzato nel corso della Bit, imprenditori e analisti si sono confrontati sul futuro del nostro turismo e dopo aver condiviso il concetto di base secondo il quale le sfide commerciali del futuro si svolgeranno sul web, le ricette per generare business e rimanere sul mercato non possono prescindere dalle recensioni lasciate nei social metwork e nei vari canali-internet.
Ne è convinto Renzo Iorio, presidente di Federturismo: «Dobbiamo partire dal dato più eclatante e inquietante: l’Italia è solo al 27° posto nel Travel and Tourism Competitive Index, e bisogna risalire in fretta questo rating che ci penalizza non poco. Se è vero che ormai il mercato online rappresenta il 53% di share commerciale per le aziende turistiche e che l’influenza dell’online nell’acquisto delle vacanze rispetto all’offline è passata dal 50% di 10 anni fa all’89% di oggi, significa che occorre lavorare subito sui nostri presidi in Rete. E rispondere in modo efficace alla domanda principale: chi deve occuparsi della promozione e della destinazione? Lo Stato, e quindi l’Enit, oppure le Regioni? Teniamo conto – ha proseguito Iorio – che in Italia operano almeno 7.500 assessorati al turismo tra regionali, provinciali e comunali: è utile polverizzare gli sforzi? Certamente no. Allora occorre un maggior coordinamento e si deve risolvere al più presto la scarsa percezione del prodotto-destinazione che è il vero male che attanaglia il turismo italiano. Come? Segmentando i mercati, innovando la metodologia del linguaggio online, rafforzando il brand e migliorando il rapporto operativo tra pubblico e privato»
‘Raccontare’ il territorio
La ricetta della federazione sembra procedere nella direzione suggerita anche da Trivago, come ha spiegato Giulia Eremita, country manager Italia: «I social media e i social network non possono certo sostituire le azioni di marketing che vanno fatte dai diretti interessati. Se l’albergo è il biglietto da visita di una destinazione, è altrettanto vero che vanno comunque valorizzate le eccellenze del territorio stesso, dal ristorante tipico e suggerito dai buongustai agli eventi-clou che possono rappresentare occasioni di visita».
«In altre parole – ha precisato Eremita – è arrivato il momento di “raccontare” il territorio, perché la gente vuol sentirsi protagonista della propria vacanza e può determinare le scelte di amici o di semplici contatti in rete, ed è innegabile che ormai si stia andando verso la reputation della destinazione, in quanto abbiamo appurato che è il ranking delle varie reputation a determinare il traffico e quindi la fortuna di una meta, di un prodotto turistico».
Ancor più incisivo e provocatorio – come sempre – il contributo di idee di Josep Ejarque, della società di consulenza Four Tourism: «Dobbiamo capire che oggi la destinazione, o meglio chi ne gestisce l’immagine turistica, deve sfruttare i cosiddetti “influencer”, coloro che lasciando i propri appunti e giudizi sulla Rete determinano le scelte. Siamo ormai passati dall’economia dell’esperienza a quella della reputazione, pertanto una meta deve comunicare attraverso racconti, filmati, commenti. Di fatto siamo entrati nell’era dell’e-wom, ovvero world of mouth, il passaparola sul web».
Non a caso anche per Enzo Aita, fondatore della società WHR, Web Hotel Revenue, è arrivato il momento di formare e quindi poter utilizzare il know-how dei “destination revenue manager”, destinati a seguire giorno per giorno l’andamento dell’appeal di un’area, di una meta.
Andrea Lovelock
a cura di Peppe Paino
Data notizia: 2/19/2013
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