Riceviamo da Gianandrea Cocco e pubblichiamo:
Ci serve una carezza
Scrivo queste righe in quanto cattolico che desidera vivere la propria fede incarnandola nella vita quotidiana e non solo essere mera comparsa a settimanali celebrazioni religiose. E’ fatto evidente che la realtà ci provoca di continuo e pone, alla mente e al cuore di chi di noi non vuole far atrofizzare la propria umanità, continui interrogativi.
Ogni evento tragico che si manifesta all’orizzonte della nostra esistenza ci invita alla riflessione e alla conversione.
Il modello di società che ha dominato la cultura degli ultimi anni sta dimostrando in modo tragico tutto il suo limite. Si è puntato tutto il proprio agire e ogni speranza sull’economia (o su ciò che si riteneva lo fosse) e sull’apparenza perdendo completamente di vista la nostra umanità. Ci hanno insegnato a rincorrere inconsistenti sogni (apparenza, carriera, ricchezza, ecc.) che nulla hanno tolto alla nostra sete di significato ma anzi ci hanno sempre resi più soli e indifesi di fronte alle difficoltà della vita. Per troppo tempo ci hanno fatto credere (tv, giornali, politici e chi per loro) che la sola cosa che contasse realmente fosse “avere” a totale scapito dell’essere e ora, di fronte al pieno fallimento di questa cultura del nulla ci sentiamo soli di fronte al vuoto e al dolore.
Ecco la prima cosa che manca: una compagnia fra persone. Compagnia che sia aiuto e conforto alla nostra esistenza, che ci aiuti ad alzare lo sguardo quando le difficoltà vorrebbero farcelo abbassare, a sperare quando la disperazione ci accerchia e a pregare quando solo, vuoto e nulla paiono esistere.
In questa nostra era in cui comunicare da un capo all’altro del pianeta è cosa facile e alla portata di tutti non si dice nulla di seriamente utile alle nostre vite. Il poeta Eliot chiedeva circa 80 anni fa (ed è stato tragico profeta): “dov’è la conoscenza che abbiamo perduto nell’informazione?”. Siamo informati di tutto in tempo quasi reale, anche di eventi futili, ma abbiamo perso la conoscenza di Ciò che è essenziale. Ancora Eliot ci dice che abbiamo “conoscenza della parole, ma ignoranza del Verbo”. Abbiamo perso la reale conoscenza in un nozionismo inutile.
Ma se questa è la situazione del nostro vivere, una prima concreta risposta ci viene da questi giorni di Pasqua che ci ricordano (anche a chi non crede) che esiste un Uomo che ha preso su di Sé tutto il peso del vivere di ogni uomo, se n’è fatto carico a l’ha inchiodato ad una croce. Morendone. Ma per risorgerne vittorioso dopo tre giorni.
Non c’è male, dolore, fatica che non possa essere accolto e vinto nella gloriosa risurrezione di Cristo. Perché la parola ultima a tutto il nostro esistere è la Sua vittoria che è più forte di ogni nostra sconfitta.
Concludo citando le parole di che Enzo Jannacci (recentemente scomparso) ebbe a dire in occasione della morte di Eluana Englaro nel 2009: «In questi ultimi anni la figura del Cristo è diventata per me fondamentale: è il pensiero della Sua fine in croce a rendermi impossibile anche solo l'idea di aiutare qualcuno a morire. Se il Nazareno tornasse ci prenderebbe a sberle tutti quanti. Ce lo meritiamo, eccome, però avremmo così tanto bisogno di una Sua carezza»
L’augurio, quindi, che faccio a chiunque e anche a me stesso è che ci possa essere nella nostra vita una Compagnia che ci possa far avvertire questa carezza, che sappia rialzarci da qualunque nostra caduta.
a cura di Peppe Paino
Data notizia: 4/3/2013
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