Lipari, con la sua roccaforte costruita su una rupe e le sue case che assecondano le curve del terreno, offre un'immagine delle più suggestive.
Appena entrati nel porto ci mettemmo alla ricerca di un albergo. Cercammo da un capo all'altro della città: né la più piccola insegna né il più misero ostello. Ce ne stavamo là quando scorgemmo una gran ressa davanti a una porta; ci avvicinammo fendendo la folla e vedemmo un morticino di sei o otto anni adagiato su un povero giaciglio.
Eppure la sua famiglia non sembrava particolarmente afflitta; la nonna s'occupava delle faccende domestiche, un altro bimbo di cinque o sei anni giocava rotolandosi per terra con due o tre lattonzoli. Solo la madre sedeva ai piedi del letto, ma, invece di piangere, parlava al cadaverino a una velocità tale che non riuscivo ad afferrare una parola.
Domandai a un vicino quale fosse la ragione di quello sproloquio, ed egli mi rispose che la madre stava affidando al figlio dei messaggi per il padre e il nonno, morti l'uno l'anno precedente e l'altro tre anni prima; tali messaggi erano alquanto sorprendenti: il figlio aveva l'incarico d'informare l'artefice dei suoi giorni che sua madre stava per rimaritarsi, e che la scrofa aveva scodellato sei cinghialetti belli come angeli. In quel momento due francescani vennero a portar via il cadavere. Il feretro non aveva ancora superato la soglia che già la madre e la nonna si mettevano a riordinare il letto per cancellare anche l'ultima traccia di quanto era accaduto.
Data notizia: 11/26/2016
dalla nostra Daniela Bruzzone
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