Gazzetta del Sud
Alessandro Tumino
«Gli eventi meteorici estremi, se effettivamente legati alla tropicalizzazione del regime pluviometrico, tenderanno a presentare sempre maggiore frequenza interessando aree sempre più vaste, tanto che gran parte del territorio provinciale può essere considerato esposto all'insorgenza di fenomeni tipo flash flood (bombe d'acqua) e subirne l'elevato potenziale distruttivo».
Non usa mezzi termini, nella relazione «Eventi meteorici estremi nella provincia di Messina. Previsione e Prevenzione», redatta in questi giorni, il geologo Franco Roccaforte, 50 anni, responsabile dell'Ufficio difesa suolo della Provincia, nonché coordinatore a cavallo del 2000 del primo studio globale sul dissesto idrogeologico nei 108 comuni messinesi che venne utilizzato dalla Regione per il "Pai": una pianificazione che tre anni dopo l'adozione finale, va ora aggiornata alla luce del disastro. Perché due – spiega Roccaforte – sono i dati salienti che emergono dall'1 ottobre, con conseguenze radicali nel campo della prevenzione di protezione civile. Il primo dato è che risulterebbero completamente superati, e inutili, gli attuali modelli idrologici, basati su dati storici raccolti tra il 1921 e il 1990: «Grandi studiosi come il prof. Ortolani – premette – hanno desunto dai dati pluviometrici parziali di cui disponiamo (quelli di Fiumedinisi: 159 millimetri di pioggia) che su Giampilieri e Scaletta si siano abbattuti, dopo un'impressionante attività elettrica, circa 300-350 millimetri di pioggia in 3 ore. Ora – esorta Roccaforte – si rifletta sul fatto che gli attuali "modelli", in relazione a una quantità d'acqua inferiore, 250 millimetri nelle 3 ore, prevedevano un "tempo di ritorno" addirittura superiore ai 1000 anni. È impossibile pensare che questi modelli siano ancora validi considerando quanto accaduto nella provincia di Messina, e non solo, negli ultimi anni». Su Giampilieri Superiore – come ricorda la relazione – nell'ottobre 2007, erano caduti più di 100 millimetri di pioggia in 3 ore. I vecchi "modelli" delineavano per questa quantità un "tempo di ritorno" di 50 anni, con una percentuale di rischio del 40 per cento. Appena due anni dopo è caduta non questa quantità, ma una enorme, addirittura più che tripla! Sempre secondo quei modelli, da una volta ogni mille anni!
Ma è preoccupare non è solo la tropicalizzazione. Il geologo si sofferma, nella conclusione, sulle "misure immediate": 1) «A salvaguardia della vita umana, individuare tutte le zone abitate direttamente esposte a rischio per eventi franosi a cinematica rapida (crolli, colate detritiche); 2) A garanzia dell'operatività in emergenza, la messa in sicurezza dei tratti di viabilità principale (Autostrada e Strada statale) e anche di quella secondaria (strade provinciali) qualora rappresenti l'unica via d'accesso ai centri abitati».
, a cura di Peppe Paino
Data notizia: 10/20/2009
dalla nostra Daniela Bruzzone
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