Tirrenia, un vantaggio lo stato di insolvenza

Gazzetta del Sud Peppuccio Subba Lipari "Soffre di più chi si trova in mare aperto". La frase si adatta, perfettamente, alle piccole isole siciliane la cui unica via d'accesso è quella dei servizi marittimi. Infatti, la procedura di privatizzazione di Tirrenia e della partecipata Siremar è in alto mare. Per Tirrenia, il 12 agosto, il Tribunale di Roma, su richiesta del Commissario straordinario, Giancarlo D'Andrea, ha dichiarato lo stato d'insolvenza. Il passaggio della compagnia in amministrazione straordinaria è un vantaggio, perché permette ai potenziali acquirenti di comprare la società senza debiti. Questa nuova situazione, dopo l'annullamento della gara aggiudicata alla Mediterranea Holding di navigazione Spa (il cui capofila è la regione Sicilia con una partecipazione del 37%), rimetterà in pista parecchi armatori e fondi. Non si comprende ancora se la società di stato sarà ceduta in blocco o linea per linea. Comunque i potenziali acquirenti, con in testa Vincenzo Onorato, numero uno di Moby Line, hanno dichiarato che la loro partecipazione è condizionata alla esclusione dalla gara della Siremar. Per agevolare la privatizzazione di Tirrenia, D'Andrea potrebbe portare avanti la richiesta di fallimento della controllata Siremar di cui è amministratore unico, in modo da fare entrare la società nella procedura principale di amministrazione straordinaria. Un iter simile a quello adottato pel "Alitalia Servizi" (di cui proprio D'Andrea è stato presidente nei momenti più difficili) rispetto ad "Alitalia". Tali procedure (insolvenza per Tirrenia e fallimento per Siremar) consentirebbero alle due società, in virtù della Legge Marzano bis, di prorogare le concessioni, in scadenza il 30 settembre, di altri 12 mesi senza incappare nei provvedimenti d'infrazione dell'Unione Europea. Quelle di Tirrenia sono, in parte, rotte di pubblica utilità ma quelle di Siremar soddisfano servizi pubblici essenziali per le 14 piccole isole siciliane. Questo stato d'incertezza sta, seriamente, preoccupando i 1646 dipendenti di Tirrenia e i 482 di Siremar. Ma il pessimismo sul futuro delle società coinvolge anche gli amministratori pubblici e gli operatori economici, specie quelli delle piccole isole siciliane. Le più toccate dall'incertezza sono le 7 isole dell'arcipelago eoliano, che già da diversi anni registrano un fenomeno recessivo dovuto proprio alla riduzione delle linee e ai disservizi che hanno gravato sulla Siremar, definita da un autorevole quotidiano nazionale "la compagnia marittima più disastrata d'Italia". Le colpe non possono essere addebitate ai dipendenti della società ma a una gestione poco attenta. Se la gara, che vedeva in vendita insieme Tirrenia e Siremar, fosse andata in porto, sarebbero state stipulate nuove convenzioni, assicurando, a chi acquisiva le compagnie, 72,6 milioni di euro annui, per 8 anni a Tirrenia e 55,6 milioni di euro annui, per 12 anni a Siremar. Si tratta di somme ingenti che possono svanire nel nulla se il Governo nazionale non interverrà. Perché la legge Marzano, nella cui sfera è già entrata Tirrenia, con la dichiarazione d'insolvenza e quanto prima farà ingresso anche la Siremar, prevede la proroga, fino a un anno, delle convenzioni esistenti, per garantire l'operatività della società, ma non impone la stipula di nuovi accordi. Il ministro Matteoli come il dott. D'Andrea affermano che non ci sarà il cosiddetto "spezzatino" per Tirrenia e saranno salvaguardati i livelli occupazionali. Le assicurazioni del ministro e del commissario straordinario non convincono i sindacati (Uil trasporti in testa). Gli operatori economici e gli amministratori pubblici dell'arcipelago eoliano si sono già rivolti al Presidente della Repubblica e al ministro di infrastrutture e trasporti, puntualizzando che una crisi della Siremar manderebbe letteralmente in frantumi l'industria turistica delle isole. Per martedì è stata convocata un'assemblea dei soci di Mediterranea Holding con all'ordine del giorno l'aumento del capitale sociale da 10 a 25 milioni di euro. La compagine della società si sfalderà in quanto la Regione Sicilia (azionista di maggioranza) ha già annunciato che non sottoscriverà l'aumento di capitale sociale e quindi la sua quota percentuale (37%) diminuirà. Ma la stessa regione è intenzionata a cedere le proprie azioni. Alexis Tomasos, patron di Ttt-line, il socio privato più importante di Mediterranea, (col 30,5%) intende uscire dalla società perché sostiene che"senza la regione la società non ha più ragione di esistere". Per Siremar, secondo i sindacati, ci sarebbe l'interesse di società armatoriali della zona come Ustica Line, Caronte & Tourist e altri operatori minori. Ora l'ultima parola spetta al Governo che dovrà chiarire la propria posizione il 6 settembre.

, a cura di Peppe Paino

Data notizia: 8/28/2010

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