Gazzetta del Sud
PALERMO- Riparte la vendita di Tirrenia, ma questa volta separata da Siremar. Oggi scade il termine per la presentazione delle manifestazioni di interesse sia per la compagnia marittima sia per la controllata siciliana: si tratta del primo step di una procedura che si dovrà concludere entro fine marzo (il commissario straordinario, Giancarlo D'Andrea, nominato il 5 agosto scorso, dopo la dichiarazione di insolvenza ha 180 giorni di tempo per il risanamento della compagnia).
In corsa ci sarebbero molti dei soggetti che avevano già partecipato alla prima privatizzazione, quella vinta da Mediterranea Holding e poi annullata per decisione dell'azionista Fintecna. A partire dalla stessa Mediterranea Holding, che conferma di aver presentato l'offerta per l'acquisto di Tirrenia. Conferma di aver partecipato a questo primo step anche l'armatore Alexis Tomasos con la Costantino Tomasos. Ci sarà poi l'armatore sorrentino Gianluigi Aponte, patron di Msc, che per partecipare alla gara è da poco entrato con Marinvest nel 50% Gnv e ha annunciato che presenterà la manifestazione di interesse attraverso Snav. E infine l'imprenditore italo-americano Antony Cerone, che ha già consegnato la propria offerta alla Banca Rotschild di Milano. Tra i possibili partecipanti ci sarebbero la Moby di Vincenzo Onorato, che si è sempre detto pronto a comprare Tirrenia ma senza Siremar; Corsica Ferries, il gruppo Franza e il fondo britannico Cinven Limited.
Quanto alla Siremar, società di navigazione del gruppo Tirennia, attiva nei collegamenti tra la Sicilia e le isole minori, ha debiti per 67 milioni di euro: è quanto si legge nella sentenza, depositata il 5 ottobre, dal Tribunale fallimentare di Roma, che ha accolto la dichiarazione di stato d'insolvenza presentata dal commissario straordinario D'Andrea.
Secondo i giudici, Siremar «a fronte di liquidità pari a circa 2 milioni di euro registra una esposizione debitoria che, al 20 agosto, ha raggiunto i 67,326 milioni e che sono sopraggiunte revoche di affidamento da parte di alcuni istituti di credito, aggravando lo stato di crisi finanziaria della società».
, a cura di Peppe Paino
Data notizia: 10/20/2010
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