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( Foto di Antonio Iacullo)
Gli anni 50 sono gli anni che Pino Paino definisce della “diaspora” . Sono molti i giovani che fuggono dalle Eolie e con essi molti talenti. Solo nel 1973 si ha un forte segnale di ripresa con la nascita del “FolkArte delle Eolie” promosso da Angelo Merlino, Italo Paino, Pino Paino, Nino Sulfaro e Bartolino Ruggiero. Vartuluzzo ne diventa il direttore del gruppo folkloristico. Questo gruppo non ha vita facile perché deve fare i conti con l’indifferenza e forse anche l’ostilità della amministrazione locale che tenta di privarli anche della sede. Eppure la sua attività si mostrò intensa e con larghi consensi. Si esibirono in cerimonie pubbliche come quella in Vescovado per l’ingresso in diocesi di Mons. Di Salvo, al Carasco durante il congresso nazionale di neurologia, nelle saghe paesane di a cominciare dalla festa di S. Bartolo a Lipari, poi a Canneto, Acquacalda, Quattropani, Pianoconte, nei dancing come il Turmalin prima che le bande musicali locali venissero soppiantate dalle discoteche.
Leonida Bongiorno notava sul Notiziario del gennaio 1974 che “le musiche, le danze, i canti, quasi tutte creazione del Folk e in particolare dell’inesauribile Bartoluzzo hanno ridato alle Eolie una dimensione da tempo smarrita. E’ rinata una tradizione popolare che sembrava destinata a scomparire definitivamente”.
Fra le canzoni della tradizione eoliana che , accompagnava con la musica del suo inseparabile mandolino, Vartuluzzu riprende e riformula vi è “A ittata i l’astricu”. Di quella antica riprende il ritornello:
“Li cummari, cummarieddi,
tutti arrivanu chi cistieddi,
chini i pani, cassatieddi,
sfinci fritti, spicchitieddi.
Oh c’arriva, oh c’assuma
Oh chi ciauru i maccarruna”
In Vartuluzzu non manca la tradizione della canzone d’amore. Ricordiamo “Anciulinedda”:
Anciulinedda mia si com’ on sciuri,
bedda di modi e bedda di culuri,
‘nta la to faccia si cum‘a ‘na rosa,
ti amerei i sempri cum’a ‘na sposa”.
E non mancano le canzoni che esprimono l’amore per la sua terra come Ierà, Stromboli, Turisti i tuttu u munnu. Di quest’ultima ricordiamo la sestina iniziale:
“Turisti i tuttu u munnu
v’ospitamu,
a Lipari c’è sciuru di zagara.
Muntagni janchi e beddi
Puru avemu,
ginestra gialla e sciuri in quantità”.
Non mancano però le canzoni dedicate al lavoro come “U cianciuolo” che parla di Bastianu il pescatore:
“Passa la luna veni lu scuru,
Bastianu pripara la rizza, a lampara,
Li marinari cu birrittieddu,
pani, formaggi, buttigghia e cutieddu.
Sunnu cuntenti,
vannu a piscari,,,
e lu cianciuolu…
lu ettano a mari.”
E non manca nemmeno la canzone epica dedicata alla “ruina” del 1545 compiuta da Ariadeno detto il Barbarossa.
“Nove mila l’abitanti,
si purtaru tutti quanti,
li trattaru cumu schiavi,
‘bannunati e morti i fami.
Arrivati ‘nta du munnu,
si truvaru spaisati,
nni murieru tanti, tanti,
Liparuoti ammazzati”.
L’attività del FolkArte delle Isole Eolie, come quella del Piccolo Teatro Eoliano che da questa era stato generato, durarono due anni e poi si esaurirono. Il Folk cercò di rivivere qualche tempo dopo ad opera di Zitelli e di Sparacino ma ormai il nucleo si era disgregato. Vartoluzzo continuava la sua strada sempre più richiesto non solo negli incontri nelle isole ma anche all’estero dagli isolani dell’emigrazione. Andò in Australia, Germania, in America. Memorabile rimane – come ha ricordato recentemente Felice D’Ambra - una sua esibizione a New York durante un matrimonio col suo violino nell’esecuzione dell’Ave Maria di Shubert.. Alle Eolie intanto, anche sulla sua scia altri cantautori si facevano strada come i fratelli Angelo e Benito Merlino che si affermerà soprattutto in Francia dove andrà a vivere.
Di Bartoluzzo rimangono oltre al ricordo della sua passione e del suo sorriso, la sua musica e le numerose canzoni che ci ha lasciato in eredità.
a cura di Peppe Paino
Data notizia: 9/13/2012
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