Dal cielo delle Eolie - 2° parte

Dal cielo delle Eolie - 2° parte

Spaziando qualche miglio più lontano dall’Isola, a Lipari l’attività vulcanica ha donato ricchezza all’arcipelago proprio grazie ai suoi prodotti della terra, dalla pomice all’ossidiana, al caolino, all’allume. Salina è l’Isola più famosa al mondo per l’uva malvasia e i capperi, di grande riscoperta oggi per l’economia della Sicilia intera. Degno di menzione anche il pomodoro siccagno. L’unione tra passato e futuro deve e può essere intelligente. La sapienza delle nostre nonne e nonni che avevano la cultura della coltivazione, conservazione e preparazione dei prodotti della terra, deve essere per noi un modello di vita che unita alla nostra esperienza di viaggiatori può farci rivivere la nobiltà della tradizione siciliana, che ha radici ben più profonde del virtuale.
Ma la terra non era solo lì per dare, la terra non è un sistema chiuso e protetto, che è tua per sempre. La terra va difesa, la terra è contesa, la terra ci insegna l’importanza del saper scegliere cosa è importante e cosa no, cosa è più adatto ad un terreno piuttosto che ad un altro, la giusta quantità di acqua per tipo di coltivazione, la giusta quantità di sole, di aria, di terra. La terra ci insegna la natura delle cose e il rispetto per la stessa. Quando studiavo all’università e una materia non mi piaceva qualcuno mi disse: trova in ogni materia, anche in quella che non ti piace, qualcosa in cui ti rivedi e lavoraci. Forse era un contadino.
E’ in montagna che ho risentito il battito del cuore e ancora quando lo cerco è solo lì che lo ritrovo.
E’ sulle pietre calde che mi stendo per rilasciare le tensioni e ricaricarmi, sempre, tutto l’anno. E’ la bontà dei profumi che ha affinato il mio gusto per le cose buone, è la pace dell’attesa guardando il mare dalla terra che mi ha reso forte.
L’altra faccia della terra è quella stessa dell’amore. La terra ti lega. E la terra e l’amore per l’Isola sono rasoi quando non ci sono più. Ma è lì che comprendi la profondità del legame. Ho letto negli sguardi dei ragazzi filicudari la tristezza vera e altrettanto dignitosamente silenziosa di quando finita l’estate bisogna tornare a Milazzo per la scuola. Non era per la scuola quella tristezza, come può essere quella di mio figlio, ma era perché avrebbero dovuto lasciare l’Isola. Gli stessi volti al giugno al rientro in “patria” avevano i colori del sole. E’ da loro che ho imparato ad accettare che c’è un tempo per tutto. Ma peggio ancora leggere e sentire il dolore di chi l’Isola la deve lasciare per andare a cercare lavoro altrove. E non a Roma, a Milano, come chi si dispera per un trasferimento locale, ma dall’altra parte del mondo: l’Australia, questa terra dove una popolazione di eoliani ha dato vita ad una comunità tanto unita quanto l’Isola stessa. Incredibile quando camminando al buio inoltrato a Monte Palmieri una donna davanti ad un bellissimo fuoco acceso con legna di carrubo, le cui scintille echeggiavano sullo sfondo del cielo, mi disse: io clicco sempre  mi piace sulle tue foto e poi dall’Australia mi chiedono “è davvero a Filicudi”? Si, è Filicudi perché Filicudi è infinita. Come tutti noi, capaci di rigenerarci in armonia con la natura e gli elementi della sua terra.

di Giusi Emanuela Murabito



Data notizia: 10/7/2015

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Eolie - montagna - storia -



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