Le fonti storiche riferiscono di prime comunità cristiane a Lipari, a partire dal III sec. d.C., San Gregorio di Tours, ad esempio, nel 590 d.C. parla di una chiesa di San Bartolomeo mentre San Gregorio Magno, in cinque sue lettere, fa menzione ad un monastero presente a Lipari.
Il primo edificio adibito al culto s’ipotizza fosse una villa aristocratica (Domus ecclèsia), sita sul colle della Maddalena, come era in uso presso le prime comunità cristiane. Quando il corpo di San Bartolomeo approdò miracolosamente a Lipari, le sacre reliquie furono tumulate, dapprima, sotto tale colle della Maddalena, in seguito, il Vescovo Agatone le portò presso il vicino edificio di culto, dove oggi si trova la cappella extra moenia intitolata a San Bartolomeo. La vera ecclèsia, fondata invece nella necropoli, risale probabilmente al V sec. d.C. e fu eretta su i resti dell’antico tempio di Efesto d' età greca.
Gli arabi, con due differenti incursioni, 835-838, seminarono la distruzione e l’isola restò quasi spopolata sino all’arrivo dei normanni. Il 13 Febbraio del 1065 il Conte Ruggero I e il vescovo Benedetto Hieraccio promossero il restauro della cattedrale, durato circa ottant’anni. Nel 1083 fu ultimato anche il monastero benedettino con annesso il chiostro. Nel 1131 la chiesa abaziale divenne cattedrale sotto il vescovo Giovanni di Pèrgana. Dell’antico edificio medievale, che verosimilmente doveva essere a navata unica e con volte ogivali, non abbiamo nessuna testimonianza a causa di una successiva incursione, questa volta per opera dei turchi nel 1544, che distrusse anche l’annesso archivio monastico. Solo qualche notizia fu fornita dal vescovo Alfonso Vidal in una relazione scritta, nel 1604, in cui annotava che all’interno della vecchia cattedrale erano presenti tre cappelle, sette altari di pietra, quattordici monumenti funerari, una campana priva di campanile, un organo, un vecchio tabernacolo ligneo che Vidal stesso fece sostituire con uno d’argento. Nei due secoli successivi al doloso evento di pirateria, molti furono gli interventi volti a restituire alla cattedrale un nuovo splendore. Mons. Calogero Ventimiglia (1694 – 1709), fece affrescare la volta cinquecentesca con scene bibliche, fu modificata la facciata e collocate sugli altari le tele del palermitano, Antonio Mercurio. Nel 1728, per iniziativa dei giurati Niccolò Antonino Rossi, Francesco Policastro e Gerolomo Pisano, venne eretto, in onore del Santo patrono San Bartolomeo, un altare di legno intagliato e ornato di fregi d’oro zecchino e commissionato a Palermo il simulacro d’argento del santo.
Anche altri vescovi seguirono l’esempio di mons. Ventimiglia e proseguirono i lavori di ampliamento. Nel 1755 si cominciò a innalzare il campanile e sotto i vescovi De Francisco (1753-1769) e Prestandrea (1769-1777) si procedette ad una riconfigurazione generale della struttura con la costruzione delle navate laterali e di un nuovo prospetto. La Cattedrale si arricchì di preziosi oggetti di gusto tardo barocco e rococò e ampliata anche la nuova aula capitolare. Le ottocentesche decorazioni dell’interno furono commissionate da mons. Visconte M. Proto (1839–1844) il quale fece abbellire la cattedrale di stucchi e cornici. L’Arciduca Luigi Salvatore D’Austria, durante la sua visita nell’arcipelago, riferisce che l’interno del duomo era ripartito in tre navate, ultimate meno di un secolo prima, e specifica che la navata centrale era divisa dalle laterali per mezzo di quattro archi a tutto sesto su ogni lato, di fronte ai quali erano altrettanti altari racchiusi in arcate cieche. Le ultime trasformazioni risalgono al secolo scorso.
Sulla controfacciata furono collocati la cantoria e l’organo, realizzati nel 1925 su commissione di mons. Salvatore Ballo di cui l’organo porta lo stemma. Nel 1932, nell’area absidale, è stato realizzato il soglio vescovile, per volontà di mons. Bernardino Re, nel 1985, invece, sono state collocate le vetrate istoriate con scene riguardanti la vita del santo patrono.
La cattedrale di San Bartolomeo ci appare oggi un edificio eterogeneo nei suoi molteplici stili ma perfettamente armonioso. A cominciare dai ritrovati resti del chiostro benedettino, unica testimonianza artistica della cultura alto medievale a Lipari, sino ad arrivare agli ultimi interventi, così come si è raccontato.
di Melissa Prota
Data notizia: 12/17/2014
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