San Calogero: un eremita alle Isole Eolie

San Calogero: un eremita alle Isole Eolie

Nel lungo periodo di conflitti che caratterizzò la fine dell'Impero romano, l’arcipelago eoliano dovette affrontare un’epoca di decadenza, dove lo splendore culturale d'età greca sembrava ormai un lontano ricordo. Tale stato di cose fu aggravato dal brusco risveglio dei vulcani di Forgia Vecchia e Monte Pelato che lasciarono Lipari quasi disabitata. In quest’ambiente, il cristianesimo fu l'unica ancora di salvezza ed è proprio qui che si colloca la figura di San Calogero, destinato a divenire il compatrono dell'isola. Molti episodi della sua vita sono leggendari e non strettamente connessi a un unico uomo. Il nome “Calogerus” era, infatti, il titolo reverenziale che si dava ai monaci eremiti nell'Italia meridionale. Forse nato a Calcedonia, cittadina dell'antica Tracia, in età adulta venne a Roma ottenendo dal papa il permesso di vivere da eremita e recarsi in Sicilia per evangelizzare quel popolo, liberandolo dai demoni che adorava, le divinità pagane. Partì intorno al 520 d.C. insieme con i compagni Filippo, Onofrio e Archileone. Mentre Filippo si recava ad Agira e Onofrio e Archileone a Paternò, Calogero si fermò a Lipari. Come adesso, vi erano stufe vaporose e acque termali che Calogero adoperò per curare i malanni degli abitanti. Qui si narra che ebbe la visione della morte di Teodorico, avvenuta nel 526, come ricorda un quadro barocco di Antonio Mercurio custodito nella cattedrale di Lipari. L’episodio della morte dell’imperatore è citato anche da San Gregorio Magno: «Giuliano, mio parente, mi ha narrato che al tempo di re Teodorico il padre di mio suocero era esattore delle imposte in Sicilia. Di ritorno in Italia, la sua nave approdò in un'isola detta Lipari e durante il tempo in cui i marinai riparavano la nave, il padre di mio suocero approfittò con altri amici per andare a trovare un uomo di grande virtù che allora abitava nell'isola. Non appena l'uomo di Dio li vide, disse loro: Avete saputo che è morto Teodorico?...Ieri ho visto l'anima sua nuda e scalza, con le mani cariche di catene mentre, trascinata per l'etere dalle ombre irate di papa Giovanni e dal patrizio Simmaco, era scaraventata nel cratere del vicino vulcano. Impressionato, il padre di mio suocero si segnò: quando fu tornato in Italia, seppe che Teodorico era realmente morto nel giorno e nell'ora in cui il Servo di Dio aveva avuto la visione». La presenza del monaco è documentata in altri posti della Sicilia che come Lipari possedevano stufe vaporose o acque termali e similmente infestate da presenze maligne da scacciare. Del resto le aree vulcaniche hanno spesso suscitato timore, divenendo fonte d'ispirazione di leggende sui demoni che tiranneggiavano gli abitanti, vittime inermi di strani sussulti della terra e orribili urla dal cratere, portatrici di maledizione o sventura. Sono, però, gli Inni di Sergio Cronista, vissuto intorno il IX secolo, a raccontarci il vero Calogero: guaritore d'anime e corpi attraverso il sostegno della fede e lo studio empirico dei fenomeni naturali.


di Melissa Prota



Data notizia: 11/17/2015

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