Visto da dove ci trovavamo noi, cioè dall'alto verso il basso, è uno spettacolo superbo e orrido a un tempo; a ogni convulsione che la montagna vive nelle sue viscere la si sente tremare sotto di sé e sembra che stia per spaccarsi; poi arriva l'esplosione, simile a un gigantesco albero di fuoco e fumo che agita le sue foglie di lava. Mentre ammiravamo quella meraviglia, il vento cambiò d'un tratto: ce ne accorgemmo dal fumo del cratere che, invece d'allontanarsi da noi come aveva fatto sino ad allora, piegò su se stesso come una colonna che crolli e si diresse verso di noi, avvolgendoci nelle sue spire prima che avessimo il tempo di sfuggirgli.
Al contempo, la pioggia di lava e pietre, sollecitata dalla stessa forza, cadde tutt'attorno a noi: rischiammo di venir soffocati dal fumo e insieme di essere uccisi o arsi dai proiettili. Ci ritirammo dunque tutti precipitosamente verso un altro pianoro, più basso d'un centinaio di piedi e più vicino al vulcano.
Quello stesso giorno, alle quattro del pomeriggio, uscimmo dal porto. Il tempo era magnifico, l'aria tersa, il mare appena increspato. Avevamo concluso la nostra esplorazione di tutto quel favoloso arcipelago che Stromboli illumina come un faro.
Data notizia: 11/30/2016
dalla nostra Daniela Bruzzone
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