L'editoriale di Michele Giacomantonio a Teleisole:
“Per non morire di mafia”, è una lunga intervista a Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia, di Alberto la Volpe. Una panoramica agghiacciante del fenomeno mafioso. Agghiacciante non perché contenga rivelazioni inedite ma perché il fenomeno viene presentato in tutta la sua complessità ed i suoi risvolti a cominciare da Cosa nostra per finire alle mafie cinesi ed albanesi che da anni hanno preso ad operare nel nostro paese. Ciò che emerge con grande chiarezza da questo libro è che la mafia non è una realtà a parte, separata, una area malata di un corpo sano, un antistato che si contrappone alla società buona. La mafia nasce e si alimenta dentro i processi della società civile, della vita amministrativa, della realtà politica – nasce e si alimenta a casa nostra - e se mancano gli anticorpi capaci di contrastarla prima o poi finisce col divenire la struttura egemone che permea di se tutto: comportamenti, cultura, vita amministrativa e politica.
Mi ha molto colpito la risposta data alla domanda sul perché fu ucciso Mattarella. Perché voleva moralizzare – è stata la risposta -radicalmente la vita pubblica siciliana. E che cosa significava per lui questa moralizzazione radicale? Tre cose soprattutto : trasparenza negli appalti pubblici, programmazione delle spese, trasparenza nelle assunzioni del personale. Lasciamo stare il tema della programmazione delle spese dove il discorso si fa complesso ma per quanto riguarda la trasparenza negli appalti pubblici e nelle assunzioni del personale ci troviamo di fronte a problemi che fanno parte della cronaca quotidiana anche della nostra comunità. Chi si ricorda le polemiche su come è stata approvata nel Consiglio di Lipari la decisione di fare il megaporto? Ed è di questi giorni l’intricata vicenda dei bandi per l’assunzione di cinque vigili provvisori. Quindi non problemi lontani, che accadono a Scampia o al Brancaccio.. Sono problemi che si verificano persino in are insospettabili, a casa nostra, per cui ogni realtà diventa terreno di cultura dell’attività criminale mafiosa se non si è vigilanti e non si perseguono trasparenza e legalità come valore. Per comprendere meglio questo bisognerebbe approfondire quel suggestivo discorso sulla mafia che si fa impresa e che si fa addirittura antimafia e quindi la realtà della “borghesia mafiosa”. Temi suggestivi che vengono affrontati nell’ambito di un discorso che si dipana lungo tutte le trecento pagine del libro. Che cos’è la “borghesia mafiosa”? Grasso cita una relazione della Direzione nazionale antimafia:” nel rapporto tra mafia e società si riscontra un blocco sociale mafioso che, di volta in volta, è complice connivente o caratterizzato da una neutralità indifferente. Questo blocco comprende appunto una borghesia mafiosa, fatta di tecnici, di esponenti della burocrazia, di professionisti, di imprenditori e politici che , o sono strumentali, o interagiscono con la mafia in forma di scambio permanente fondato sulla difesa di sempre nuovi interessi comuni. La cosiddetta ‘zona grigia’ rappresenta la vera forza della mafia. Essa è costituita da individui, gruppi che vivono nella legalità e forniscono un fondamentale supporto di consulenza per le questioni legali, gli investimenti, l’occultamento dei fondi, la capacità di manovrare l’immenso potenziale economico dell’organizzazione criminale”. Ciò che distingue la mafia da altre organizzazioni criminali è il suo profondo radicamento sociale, la ricerca del consenso ed il suo interessato rapporto con la politica. Il clientelismo – un altro problema che riscontriamo nella esperienza amministrativa di ogni giorno anche della nostra comunità - è il brodo di cultura dell’organizzazione mafiosa. Il clientelismo – osserva Grasso - come metodo che oscilla tra l’offerta di utilità e la sanzione (quando serve, anche minacciosa) di esclusione di un sistema di benefici e privilegi, ha finito col contaminare , originariamente al Sud, anche il rapporto fra elettore e partito politico. L’elettore cerca di ricavare il massimo vantaggio dall’uso del voto che abitualmente reputa uno strumento che non ha altro valore se non quello di procurare vantaggi immediati o promessi e comunque personali e familiari e non comunitari. Il partito politico o lo schieramento elettorale per la raccolta del consenso si giova della via più facile, quella cioè della promessa di una sapiente e mirata distribuzione delle risorse di cui dispone, solo agli “amici”. Non è un mondo altro? E’ piuttosto la fotografia di quanto avviene abitualmente nelle nostre campagne elettorali. E se avviene questo anche da noi, perché Lipari dovrebbe essere immune dalla mafia? Non è forse la mafia che spara e uccide, almeno per ora. Ma siamo purtroppo incamminati su quella strada. E il pericolo non viene da fuori, come si usa ripetere. Non viene da Barcellona o dalla costa calabra, il pericolo viene dal nostro interno. Siamo noi che predisponiamo le nostre isole all’accoglienza di questa criminalità. Come si combatte la mafia? Chiede infine La Volpe a Pietro Grasso. Non basta il contrasto, è la risposta, occorre la cultura della partecipazione, la cultura della legalità. Occorre passione ed utopia . “Sono le utopie che fanno la storia”.
, a cura di Peppe Paino
Data notizia: 8/19/2009
dalla nostra Daniela Bruzzone
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