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Il Pubblico ministero Francesco Massara ha chiesto la condanna delle sette persone coinvolte nell’inchiesta sull'opificio realizzato nell'area artigianale di Lipari, situata in contrada Valle, già sequestrata in primo aprile 2010 dalla Guardia di Finanza di Milazzo. La sentenza di primo grado è attesa per il prossimo 11 marzo e sarà pronunciata dai giudici del Tribunale di Barcellona P.G. al termine delle arringhe del collegio di difesa degli imputati.
Chiesta la condanna a due anni e sei mesi per il dirigente pro tempo dell'ufficio tecnico del Comune di Lipari, Biagio De Vita; 6 mesi di reclusione e 4 mila euro di multa per Aldo Martello; 4 mesi di reclusione e 4 mila euro di multa ciascuno è stata la richiesta per Salvatore Spartà ( tutti residenti a Lipari) e Massimo Crocco , residente a Catania, assieme a De Vita, pubblici funzionari del maggiore dei comuni eoliani. La richiesta di condanna maggiore, a 3 anni e 10 mesi di reclusione e al pagamento di una multa di di 10 mila euro è stata per Salvatore Coppolina ; 2 anni di reclusione e 10 mila euro di multa per Emanuele Carnevale , entrambi di Lipari mentre 1 anno e 4 mila euro di multa è stata la pena chiesta per Francesco La Spada di Messina.
I reati per i quali devono rispondere i 7 imputati, quattro dipendenti comunali e tre privati tra tecniici e committenti sono quelli di abuso d'ufficio, falso, lottizzazione abusiva e violazione della normativa edilizia. La vicenda giudiziaria confluita nel processo scaturisce dalle indagini della Gdf di Milazzo coordinate dal sostituto procuratore Francesco Massara. L'attività dei finanzieri, coordinata dal capitano Danilo Persano , svolta anche con l'ausilio di tecnici del settore , avrebbe messo in evidenza numerosi illeciti.
L'area artigianale estesa per circa 3 mila metri quadri e sottoposta a sequestro per intero era stata assegnata all'imprenditore Salvatore Coppolina, ancor prima che fosse pubblicato il relativo bando di assegnazione. Quella zona infatti secondo gli inquirenti era stata inserita nei Pip ( Piani per gli insediamenti produttivi) ma tre mesi prima del bando, giugno 2004, e su richiesta dell'imprenditore sarebbe stata autorizzata la realizzazione di quella che fu definita " baracca di cantiere" ma che nel concreto sarebbe invece una falegnameria . In tale contesto- sempre secondo la pubblica accusa- a favore dello steso imprenditore, a cura dei funzionari e dirigenti comunali indagati , sarebbero state rilasciate autorizzazioni e concessioni edilizie in violazione alle vigenti normative ed in difformità ai vincoli a tutela del territorio ( a rischio dissesto idrogeologico) dalla Regione, dal Genio Civile, ed dalla Soprintendenza.(l.o.)
( Va ricordato, per completezza di informazione, che in precedenza la Cassazione ha rigettato il ricorso che la procura di Barcellona Pozzo di Gotto aveva presentato contro il dissequestro della falegnameria dell'imprenditore Coppolina, stabilito dal Tribunale della libertà di Messina. Il Tribunale del riesame dopo un anno e mezzo di fermo dell'impresa che, nel 2009, aveva dieci dipendenti, ha riconosciuto che non sussiste "il reato di lottizzazione abusiva dal momento che l'attività edificatoria non risulta violativa delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti". P.P.)
a cura di Peppe Paino
Data notizia: 3/5/2013
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